Il mio rapporto con la scrittura
Il mio momento di scrittura è un angolo di pace.
Quando ero ragazzo e la sera leggevo i racconti di Poe, le tragedie di Shakespeare, il teatro di Goldoni, a volte sussultavo se si apriva all’improvviso la finestra della mia stanza, tanto era l’immersione che avevo nella lettura.
Entravo in un’altra realtà, fatta non solo di parole, ma di immagini che si incarnavano in personaggi reali dentro e attorno a me. Sentivo le parole pronunciate da Amleto ai suoi compagni, di Cyrano mentre susurrava a Cristiano le dolci frasi d’amore che fecero innamorare Rossana, di Argante, il “malato immaginario”, nei suoi lamenti.
E ora, in questa fase della mia vita, dove finalmente questa mia propensione è ritornata a farsi spazio nel mio tempo come è giusto per lei che fosse, mi ritrovo io stesso a creare queste voci, a delineare questi volti che parlano nei miei racconti, in un momento solo mio, dove fuoriescono parole che nelle conversazioni quotidiane non possono esprimersi allo stesso modo.
Un mondo interiore dove la fantasia mi dona pace, una pace assoluta, forse la stessa che da ragazzo trovavo nella lettura e nell’immaginazione dei mondi, dei regni, dei personaggi che tanto amavo leggere.