Leggere il volto
Avevamo disimparato a leggerci nel volto. Quelle buffe smorfie che comparivano sui tratti del viso erano diventate solo pieghe di carne, cavità mostrate, peli che si arruffavano. Movimenti senza senso.
La prima espressione di un’emozione, di un sentimento, che è ritornata nel nostro linguaggio non verbale comune è stata il sorriso. Non sappiamo il perchè, ma quel movimento degli angoli della bocca verso l’alto, con un lento scoprirsi della dentatura, di qualsiasi fattezza fosse, generava uno stimolo analogo nella persona che osservava questi movimenti. Allora se il primo individuo iniziava a sorridere, senza che se ne rendesse conto, il secondo, trovandosi di fronte al primo, sentiva un impulso involontario a muovere le labbra parimenti.
Se qualcuno avesse potuto conservare la memoria passata di tutti questi comportamenti, una volta innati, avrebbe potuto osservare la scoperta di due scimmie che si incontravano, niente di più. Eravamo regrediti ad un gradino inferiore rispetto ai nostri cugini primati.
La prossimità di un altro organismo vivente generava reazioni a cui si tornava a fare caso. La pelle che diventava umida di quel liquido salato, quelle vibrazioni, sussulti che sembravano scariche elettriche attraverso il corpo, iniziavano a dare un senso al loro comparire, iniziammo a capire che a contatto con alcune persone si generava una scarica, con altre l’umidiccio fastidioso, che però a volte non dava così fastidio, generava un calore in alcune zone del corpo.
E quando capitava che gli occhi guardassero gli occhi di un’altra persona, a volte si riusciva a vedere qualcosa dentro quei circoli neri che ognuno possedeva. Era qualcosa che non si poteva misurare con una velocità di movimento o grandezza di peso o lunghezza, ma assomigliava ad un vento che portava con sé delle voci sussurrate, dai timbri e tonalità diverse. Anche le vibrazioni della voce muovevano un vento simile che entrava nelle orecchie e faceva comparire immagini nella mente di chi sentiva.
La voce… Questa vibrazione partiva dalla bocca, la lingua e il fiato si univano per muoversi ad intervalli differenti fra loro producendo dei suoni, e i suoni iniziarono ad unirsi per formare lunghi accostamenti che tornammo a chiamare “parole”…